Il bleed, le storie e le narrazioni
Il gioco di ruolo è un mezzo efficace per narrare e tramandare storie per via delle dinamiche del bleed.
Il bleed è il trasferimento emotivo tra la persona che gioca e il suo personaggio, e viceversa durante un gioco di ruolo. Non è scopo di questo articolo entrare nello specifico del bleed e dei suoi effetti, quindi lo considero come un concetto assodato e rimando eventualmente ad altre fonti per un approfondimento, come un articolo sul sito di Nordic Larp, in inglese, e una conferenza del 2019 fatta al Play Modena, in italiano.
– È tutto vero? O è solo frutto della mia immaginazione?
– Se mi dici la differenza, forse posso risponderti
Neil Gaiman – Sandman – Il gioco della vita
L’esercizio di interpretare un ruolo, di metterci attivamente nelle scarpe di un’altra persona, per quanto apparentemente distante o simile a noi, ci permette di fare leva sulla nostra empatia. È un processo che avviene inconsapevolmente ed è lo stesso che ci fa commuovere o emozionare davanti a film o libri particolarmente coinvolgenti o che ci fa capire e interpretare le emozioni che provano le persone intorno a noi.
Le vicende che vengono raccontate all’interno del gioco e che chi gioca interpreta non devono essere vere per generare emozioni reali e concrete. Il nostro raziocinio ci permette di distinguere un’esperienza reale da una di fiction, ma il coinvolgimento emotivo fa sì che possiamo provare emozioni intense per situazioni che non sono reali, e che, però, ci colpiscono in qualche modo. Il bleed si fonda in parte su questa caratteristica del nostro essere umani.
I ricordi legati alle emozioni sono più forti
Vivere situazioni in gioco ci permette di creare dei ricordi legandoli a delle emozioni, quindi rendendoli più forti. Questa è una delle ragioni per cui ci affezioniamo così tanto a certi personaggi e certe partite. Non è solo il contesto in cui le abbiamo giocate a renderle significative, ma anche quello che abbiamo provato in quel momento. È questo che le rende coinvolgenti o anche memorabili.
Un’altra caratteristica del gioco di ruolo è quella di permetterci di giocare nei panni di personaggi che hanno identità e, quindi, punti di vista, anche molto diversi dai nostri. Farlo ci permette di vedere il mondo immaginato del gioco attraverso gli occhi dei personaggi e di farne esperienza attraverso i loro problemi, i loro punti di forza e i loro bisogni.
Guardare il mondo con occhi diversi dai nostri
L’atto di vedere le cose con occhi diversi dai nostri, anche se parliamo di finzione, ci permette di ragionare e agire fuori dai nostri soliti schemi. Possiamo farlo protetti da un alibi: quel che sta avvenendo riguarda il personaggio, non noi. Facendolo ci apriamo nuove possibilità nella mente e alcune di queste potrebbero concretizzarsi in una crescita personale, o una presa di consapevolezza inaspettata di sé stessi, come accade in genere quando viviamo un’esperienza significativa.
Il gioco di ruolo è un’esperienza sociale
Il gioco di ruolo, in fondo, è un’esperienza sociale e lo svago può trasformarsi in un’esperienza significativa ed emozionante anche se non abbiamo cominciato cercando appositamente quelle emozioni e quel significato. Questo è vero in generale, vale per ogni interazione sociale: il gioco di ruolo, semplicemente, non fa eccezione.
Ci sono molte testimonianze, in giro per la rete che parlano proprio di questo. Riporto questo esempio, che parla di come D&D ha aiutato una ragazza a fare coming-out, tradotto da Donne Dadi & Dati.
Quando giochiamo, mettiamo qualcosa di nostro nei personaggi
Credo che l’aspetto più importante sia comunque che indipendentemente da quanto un personaggio possa essere lontano dal nostro vissuto di persone giocanti, nel giocarlo finiamo sempre col metterci dentro qualcosa di nostro. Questo è un passaggio molto importante, sempre legato al bleed: ci permette di comprendere come, nonostante le differenze, anche personaggi molto lontani da noi abbiano comunque qualcosa in comune con la nostra esperienza. Ci permette di empatizzare coi personaggi e quindi di vederli come persone e non come stereotipi. Questo passaggio è estremamente utile nell’aiutarci a vedere l’altra persona come un essere umano tridimensionale, che ha con noi molte più cose in comune di quanto possiamo aspettarci, al di là delle differenze che percepiamo.
Il gioco di ruolo, tramite le dinamiche del bleed, è in grado di farci entrare dentro narrazioni diverse dalla nostra e di farcele vedere, seppure in maniera approssimativa e moderata dal gioco stesso, con occhi che non sono i nostri. Lo fa facendo leva sulla nostra capacità di emozionarci.
Questa è una chiave di lettura importante. Tutto quello che è richiesto è di avvicinarsi con onestà e curiosità al gioco.
Articolo ben scritto e ben argomentato, come sempre. Complimenti! Produci altri contenuti così. 😉
Grazie! 🙂